Non posso. Non posso fare questa fine. Non posso ridurmianch¿io come un animale in gabbia.«Walter!»Corro in strada.Eccola. La vedo.Casca il mondo.Casca la terra.Il problema non è la caduta, ma l'atterraggio.E io accelero.Quando, nell'aprile del 1994, uscì per Garzanti laprima edizione di Tutti giù per terra, Giuseppe Culicchiaaveva 28 anni e lavorava in una libreria torineseche oggi non esiste più, sostituita da un grandeApple Store. Tutti giù per terra era stato scritto primaa mano, poi su una Remington portatile, sull'ondadell'incoraggiamento di Pier Vittorio Tondelli. Il romanzo,che fu prima un sorprendente bestseller epoi un tenace longseller, raccontava le peripezie diquello che è stato definito "il primo precario dellanarrativa italiana". Walter, vero figlio degli "anni diplastica", rasato a zero, nato "troppo tardi per tutto",a cominciare dal Sessantotto e dal Settantasette,si ritrovava davanti un futuro privo di prospettive.Vent'anni dopo, forte dell'amore che i lettori continuanoa provare verso il suo personaggio, Culicchiacompie un esperimento letterario che è una cartinaal tornasole sul senso dei personaggi e delle personein carne e ossa, della narrazione e della vita vera:racconta la storia di Walter ambientandola ai giorninostri. L'esperimento riesce talmente bene da apparireinquietante: giro giro tondo, ed ecco che tuttotorna eternamente simile a se stesso...Con la sua penna ironica e affilata, dissacrante maanche profondamente partecipe, Culicchia ci raccontai giovani di questi nostri anni con lo stesso spietatoamore con cui narrava quelli di ieri, mostrandocicome lo scarto tra allora e oggi, per alcuni versi vertiginoso,sia per altri minimo. E forse il solo modo peruscire dall'impasse in cui ci ritroviamo, per combattereuna crisi sempre più profonda, sta allora comeoggi nel provare a strutturarla in una narrazione, senzasmettere di cercare le parole per raccontarla, conla sua disperazione e la sua irriducibile speranza.
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