Dopo un viaggio di due mesi Erasmo raggiunse l'Inghilterra e fu ospite dell'amico Moro. Durante un periodo di malattia, riprese la sua idea di scrivere un Moriae Encomium o Elogio della Follia (latino: Stultitiæ Laus; greco: Morias Enkomion - Μωρίας Εγκώμιον, olandese: Lof der Zotheid). Lo scritto fu pubblicato a Parigi nel 1511, ebbe una seconda edizione aumentata nel 1514, e nel 1515 apparve a Basilea, per l'editore Froben, la versione definitiva con un commento dell'umanista olandese Gerard Listrius, scritto in parte dallo stesso Erasmo.
Il lavoro fu redatto, compilato e completato originariamente nel giro di una settimana mentre soggiornava con Tommaso Moro nella residenza di quest'ultimo a Bucklersbury. Elogio della follia è considerato uno dei lavori letterari più influenti della civiltà occidentale e uno fra i catalizzatori della Riforma protestante.
Erasmo dedica la sua opera proprio al suo amico Tommaso Moro, e gioca sul doppio significato del titolo "Moriae Encomium" che potrebbe essere tradotto anche come "Elogio di Moro". Nella dedica a quest'ultimo Erasmo da Rotterdam sottolinea il carattere satireggiante del saggio, nato durante un periodo di malattia ed ozio forzato, e volto a suscitare il riso degli amici. Il fine ultimo della scrittura dell'opera non era infatti la pubblicazione, e lo stesso Erasmo rimase sbalordito dal successo riscosso. Prima della morte di Erasmo il libro era stato ristampato più volte e tradotto in Francese e Tedesco. Subito dopo ne seguì pure un'edizione inglese.
Il saggio si apre con un elogio da parte della Follia - che parla in prima persona - di sé stessa. Subito essa prende le distanze dai "mortali" lasciando intendere la sua natura divina. Figlia di Plutos e della Giovinezza e allevata dall'ignoranza e dall'ubriachezza, i cui fedeli compagni includono Philautia (Vanità), Kolakia (Adulazione), Lethe (Dimenticanza), Misoponia (Accidia), Hedone (Piacere), Anoia (Demenza), Tryphe (Licenziosità), Komos (Intemperanza) ed Eegretos Hypnos (sonno mortale); la Morìa descrive se stessa come portatrice di allegria e spensieratezza, e giustifica l'autoelogio con la sua natura schietta, che si rivela anche nel linguaggio diretto. Nel libro si riportano numerosi esempi e citazioni a favore della grandezza della Pazzia, e della sua utilità per la felicità dell'essere umano. Essa è in noi fin dall'atto stesso della nascita, che non potrebbe avvenire senza la sua presenza, e ci accompagna durante tutta la vita aiutandoci nella relazioni interpersonali e nell'autocompiacimento, fino alla vecchiaia, che "neppure ci sarebbe" "se i mortali si guardassero da qualsiasi rapporto con la saggezza". Nell'ultima parte si ha un esame critico degli abusi della dottrina cattolica e di alcune pratiche corrotte della Chiesa cattolica romana - alla quale peraltro Erasmo era stato sempre fedele. La posizione critica si estende però solo ai religiosi - senza risparmiare nessuno, dagli ordini mendicanti ai pontefici - e mai a Dio, che è l'unico essere perfetto, e nella sua perfezione ha in sé anche un pizzico di follia. Moira conclude dicendosi "dimentica di quello che ha appena detto" ed invitando gli ascoltatori stessi a scordare l'orazione, spronandoli piuttosto ad applaudire, vivere e bere.
"Stultitiæ Laus" fu scritto al ritorno di un deludente viaggio da Roma, dove l'autore aveva rifiutato di essere promosso gerarchicamente nella curia papale. L'accesa critica alla corruzione della Chiesa rivela Erasmo come uno dei massimi esponenti dell'Umanesimo cristiano. Nel saggio l'autore nomina più volte le indulgenze con accezione negativa, trovandosi su questo punto d'accordo con Martin Lutero, coevo di Erasmo... (Wik.)
Il lavoro fu redatto, compilato e completato originariamente nel giro di una settimana mentre soggiornava con Tommaso Moro nella residenza di quest'ultimo a Bucklersbury. Elogio della follia è considerato uno dei lavori letterari più influenti della civiltà occidentale e uno fra i catalizzatori della Riforma protestante.
Erasmo dedica la sua opera proprio al suo amico Tommaso Moro, e gioca sul doppio significato del titolo "Moriae Encomium" che potrebbe essere tradotto anche come "Elogio di Moro". Nella dedica a quest'ultimo Erasmo da Rotterdam sottolinea il carattere satireggiante del saggio, nato durante un periodo di malattia ed ozio forzato, e volto a suscitare il riso degli amici. Il fine ultimo della scrittura dell'opera non era infatti la pubblicazione, e lo stesso Erasmo rimase sbalordito dal successo riscosso. Prima della morte di Erasmo il libro era stato ristampato più volte e tradotto in Francese e Tedesco. Subito dopo ne seguì pure un'edizione inglese.
Il saggio si apre con un elogio da parte della Follia - che parla in prima persona - di sé stessa. Subito essa prende le distanze dai "mortali" lasciando intendere la sua natura divina. Figlia di Plutos e della Giovinezza e allevata dall'ignoranza e dall'ubriachezza, i cui fedeli compagni includono Philautia (Vanità), Kolakia (Adulazione), Lethe (Dimenticanza), Misoponia (Accidia), Hedone (Piacere), Anoia (Demenza), Tryphe (Licenziosità), Komos (Intemperanza) ed Eegretos Hypnos (sonno mortale); la Morìa descrive se stessa come portatrice di allegria e spensieratezza, e giustifica l'autoelogio con la sua natura schietta, che si rivela anche nel linguaggio diretto. Nel libro si riportano numerosi esempi e citazioni a favore della grandezza della Pazzia, e della sua utilità per la felicità dell'essere umano. Essa è in noi fin dall'atto stesso della nascita, che non potrebbe avvenire senza la sua presenza, e ci accompagna durante tutta la vita aiutandoci nella relazioni interpersonali e nell'autocompiacimento, fino alla vecchiaia, che "neppure ci sarebbe" "se i mortali si guardassero da qualsiasi rapporto con la saggezza". Nell'ultima parte si ha un esame critico degli abusi della dottrina cattolica e di alcune pratiche corrotte della Chiesa cattolica romana - alla quale peraltro Erasmo era stato sempre fedele. La posizione critica si estende però solo ai religiosi - senza risparmiare nessuno, dagli ordini mendicanti ai pontefici - e mai a Dio, che è l'unico essere perfetto, e nella sua perfezione ha in sé anche un pizzico di follia. Moira conclude dicendosi "dimentica di quello che ha appena detto" ed invitando gli ascoltatori stessi a scordare l'orazione, spronandoli piuttosto ad applaudire, vivere e bere.
"Stultitiæ Laus" fu scritto al ritorno di un deludente viaggio da Roma, dove l'autore aveva rifiutato di essere promosso gerarchicamente nella curia papale. L'accesa critica alla corruzione della Chiesa rivela Erasmo come uno dei massimi esponenti dell'Umanesimo cristiano. Nel saggio l'autore nomina più volte le indulgenze con accezione negativa, trovandosi su questo punto d'accordo con Martin Lutero, coevo di Erasmo... (Wik.)