È una poesia ad aprire questo libro e a dargli il titolo, un'interrogazione energica e disperata rivolta all'ignoto. Non possiamo saperlo raccoglie scritti di letteratura e di cinema, ricordi di amici scomparsi, pronunciamenti su questioni morali come l'aborto, il coraggio o la paura, il credere in Dio, i cattivi usi del linguaggio; infine, vera novità del volume, gli interventi politici legati all'impegno parlamentare di una persona che sosteneva di non avere una mente politica. L'opera non narrativa di Natalia Ginzburg è tutta fondata sul sapere del corpo, un'intelligenza oscura che illumina i suoi interrogativi e imperativi morali. Grazie a questa facoltà possiamo ascoltare una voce inconfondibile parlarci del Salò di Pasolini o dei Sillabari di Parise, delle persone che furono Italo Calvino, Ennio Flaiano, Carlo Levi, Sandro Penna, della nostalgia per un secolo diverso o di dove andremo a stare quando saremo morti. Empatica e aderente alle cose concrete, quella voce si fa però inflessibile quando si scontra con l'ipocrisia del politically correct e con l'uso distorto di parole quali «olocausto» o «pentimento». Il risultato è una riflessione disillusa quanto appassionata che dall'Italia del secondo Novecento si allarga alla condizione dell'uomo, alle sue paure e alle sue speranze. Scritta pochi mesi prima della morte, chiude il volume una Autobiografia in terza persona .
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