Non c'è niente che dia più soddisfazione a Elsa Misiano di raccogliere con un pretesto tutto il personale di servizio di cui dispone: per questo un paio di volte l'anno riunisce l'intera famiglia per un festeggiamento in grande stile. Sessantacinque anni, tendenza alla pinguedine, capace amministratrice di una rendita robusta, moglie di un importante avvocato fanatico di Porsche e ideologo di barche, ha cresciuto i tre figli maschi nello spirito di una (mal)sana competizione: Gianni, primogenito e fiscalista di grido, colpevole di aver sposato una provinciale di sinistra; Paolo, deputato quarantenne in attesa del quarto figlio, perplesso portavoce di una donchisciottesca campagna contro l’energia eolica; e infine Ranieri, il prediletto della madre, giornalista conformista, furbetto, frivolo, fortunato, considerato dagli altri due – unanimi – uno stronzo. Ma quando Gianni viene chiamato in TV per chiarire i suoi rapporti con un imprenditore arrestato per corruzione, frode fiscale e associazione per delinquere, i consigli (e i preziosi contatti) dell’odiato Ranieri gli diverranno indispensabili. Per non parlare del povero Paolo, che di lì a poco si ritroverà invischiato in un’imbarazzante liaison con una ragazzotta "in odore di meretricio", a cui incautamente ha donato una collana di Bulgari. Su uno sfondo di case costose e ben arredate, Martini al Plaza, scandaletti politici, pettegolezzi, colpi bassi e molta ipocrisia, i Misiano condurranno il lettore in luoghi dove a governare con grande nonchalance è un vuoto spettrale.
Un romanzo dall'ironia affilata e implacabile, che racconta il punto di congiunzione tra una titubante e disorientata borghesia e la politica, in una Roma bellissima eppure irrimediabilmente in via di decomposizione, un mondo nel quale saper preparare un gin tonic a occhi chiusi è, al tempo stesso, un vacuo slogan, un collaudato gesto di seduzione e anche un inutile e inconsapevole passo di danza su un abisso che non si vede, ma forse c’è.
Un romanzo dall'ironia affilata e implacabile, che racconta il punto di congiunzione tra una titubante e disorientata borghesia e la politica, in una Roma bellissima eppure irrimediabilmente in via di decomposizione, un mondo nel quale saper preparare un gin tonic a occhi chiusi è, al tempo stesso, un vacuo slogan, un collaudato gesto di seduzione e anche un inutile e inconsapevole passo di danza su un abisso che non si vede, ma forse c’è.