Una donna ancora giovane, serena e appagata ma certamente tutt'altro che ripiegata nel cerchio sicuro della famiglia (il marito, due figli, un cane) viene gettata in un gorgo scuro e antico dall'improvviso abbandono del marito . Un archetipo del passato la risucchia nel cerchio chiuso di una tragedia in cui i fantasmi dell'infanzia e il ricordo genetico del destino femminile si impossessano del presente, la scuotono e la rinchiudono in una alienata e intermittente percezione di sé, fino a obbligarla a percorrere tutte le tappe di una discesa infernale in se stessa. È un precipizio che sembra non volerla più restituire all'ordine, alla vita, alla serenità di un tempo in apparenza lontanissimo e irrecuperabile. A partire da un bel mattino d'aprile, tra le pareti della casa nella quale ogni gesto è programmato e intonato all'ideale di ordine e compostezza che riflette lo spirito più riconoscibile della città di Torino, dopo il breve colloquio con il marito, appena una scarna comunicazione, Olga comincia il suo lavoro di abbandonata. Nel romanzo di Elena Ferrante, le stazioni della discesa nei vortici più bui di sé si chiamano insonnia, distrazione, furia contro se stessa invelenimento contro tutto e tutti. Una erinni inquieta e abitata che manda lampi bui fino alla superficie del linguaggio che si fa turpiloquio, oscenità. Nella casa si insediano attraverso Olga l'incuria, e più giù ancora la dissociazione, il caos, l'ostilità anche verso i figli e l'impazienza verso il cane di casa, lascito del marito. I giorni dell'abbandono di Elena Ferrante, rimanda alle temperature e ai fumi della tragedia greca anche sotto le spoglie apparenti di una realtà attuale: un fatto sconvolgente ma comune, un quadro cittadino improntato alla compostezza e al decoro. Nella scrittura e si direbbe nella natura stessa di questa autrice emerge ancora una volta il temperamento mediterraneo, una forza che sale direttamente dalle viscere e che fonda la sua capacità espressiva e vitale nella memoria genetica del genere femminile, nella voce imperativa e insopprimibile del sangue. Così la sua scrittura si incide sulla pagina e con tratti che conservano una lucida ferocia scava ugualmente nella percezione del lettore che ne subisce, il potente richiamo. Lo stile e la forza espressiva di Elena Ferrante, ne I giorni dell'abbandono, si riconfermano e si potenziano in una scrittura sapientemente imbrigliata che affascina e cattura il lettore e ancora più saldamente la lettrice. La vicenda narrata, di per sé non avrebbe il segno dell'eccezione, ma grazie al talento dell'autrice si accende di una luce abbagliante che pone cose e persone, ma anche le atmosfere cittadine o il vago confine tra sogno e memoria, sotto la sferza di forti e memorabili contrasti.
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