L'aspirazione al compimento di un'educazione umana, la volontà di spezzare il cerchio di solitudine e di tragicità che per Cesare Pavese circondava da sempre la vita. La speranza a tutti i costi di dare un valore alla propria attraverso la politica. Il tentativo di capire Torino attraverso Roma e viceversa nell'impegno alla lotta civile e nella ricerca di una moralità. Annotò lo stesso Pavese, anni dopo l'uscita del libro e a soli due anni dalla morte: «8 ottobre 1948. Riletto ad apertura di pagina, pezzo del Compagno . Effetto di toccare un filo di corrente. C'è una tensione superiore al normale, folle... Uno slancio continuamente bloccato. Un ansare...»
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