Seconda metà dell’Ottocento. La Montagnazza. Agrigento. Amalia vive con la nipote Pinuzza in condizioni di estrema indigenza in una delle molte grottesca vate nella pietra. Le occupazioni quotidiane vanno molto spesso di pari passo con i racconti di quando Amalia era la balia di Costanza in casa Safamita, una grande famiglia della ricca aristocrazia terriera a Sarentini. Il crollo del regno borbonico, la confisca dei beni ecclesiastici, il progressivo potere assunto dalla mafia nelle campagne indebolisce se non il prestigio almeno la forza dell’aristocrazia. È in tale contesto che si profila il difficile destino di Costanza Safamita, tanto amata e protetta dal padre, il barone Domenico, quanto rigettata e negletta dalla madre Caterina. Con la sua chioma di capelli rossi e il suo aspetto fisico quasi "di un’altra razza", Costanza cresce fra le persone di servizio, divisa fra le occupazioni umili e l’esercizio della musica, fra l’orgoglio paterno del sangue e le prospettive alquanto ridotte della vita in provincia. Quando il barone Domenico decide, a fronte delle delusioni infertegli dai figli maschi, che sarà lei l’unica vera erede del prestigio e delle sostanze di casa Safamita, Costanza è costretta ad affrontare la mondanità di Palermo, a trovare un marito, a modellarsi una nuova identità sociale. Si innamora del marchese Pietro Sabbiamena, tanto affascinante quanto spiantato e dissoluto, e riesce ad averlo. La coppia trova un suo bizzarro equilibrio: Costanza desidera sessualmente il marito ma non riesce ad abbandonarglisi, lo spia nelle sue avventure ancillari ed è pronta persino a esercitare la sua tutela sul figlio che Pietro ha avuto, causando scandalo, da una cameriera. Allo stesso modo cerca di garantire un futuro alla prole del fratello Stefano, maritatosi contro il volere del padre con una donna del popolo. Costanza sa affrontare i capimafia e contenere il progressivo sfascio della famiglia. Dietro il rosso "malu pilu" dei suoi capelli– che l’hanno trasformata nella favola cattiva della gente – si nasconde un mistero, così come dentro la sua faticosa sensualità è scavata la memoria di un episodio difficile da ricordare. Simonetta Agnello Hornby costruisce con il suo formidabile stile a più piani narrativi la saga di una famiglia, un segmento della storia siciliana, il crollo di un mondo – quello aristocratico – guardato senza nostalgia, scandagliato impietosamente da entomologa sociale, non senza riservare al lettore il piacere di arrivare a inquietanti rivelazioni attraverso il progressivo sommarsi di tonalità di voci che svariano dal racconto in prima persona di Amalia a quello del narratore-architetto..
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