È un giorno di ottobre del 1882 e Josef Breuer, quarantenne geniale psichiatra, medico personale a Vienna di artisti e filosofi come Brahms, Brücke e Brentano, è al Caffè Sorrento in compagnia di una giovane donna che non conosce, ma che ha avuto l’impudenza di convocarlo nel rinomato caffè veneziano per una «questione di estrema urgenza» in cui ne andrebbe addirittura del «futuro della filosofia tedesca».
La donna si chiama Lou Salomé ed è di inusuale bellezza: fronte poderosa, luminosi occhi azzurri, labbra piene e sensuali.
Nonostante la temperatura pungente del mattino, si è tolta il manto di pelliccia e, guardandolo direttamente negli occhi, con voce ferma gli ha detto di temere per la vita di un suo caro amico: Friedrich Nietzsche, il pensatore tedesco che, secondo Richard Wagner, ha «regalato al mondo un’opera senza pari». Poi, posando leggermente la mano guantata sulla sua, ha aggiunto che il filosofo è in preda a una profonda prostrazione. Uno stato che si manifesta con una moltitudine impressionante di sintomi: emicrania, parziale cecità, nausea, insonnia, febbri, anoressia, e che lo porta ad assumere pericolose dosi di morfina...
Così, attraverso la voce della musa della Vienna fin de siècle, Josef Breuer, stimato medico ebreo, futuro padre della psicanalisi, uomo dal comportamento ineccepibile e, tuttavia, oppresso anche dai legami e dalle convenzioni della vita borghese e matrimoniale e profondamente turbato dalla bella Bertha, sua paziente da due anni, apprende della disperazione estrema di colui che diverrà il suo più illustre paziente. Breuer, infatti, sottoporrà il filosofo alle sue cure, basate sulla convinzione che la guarigione del corpo passi attraverso quella dell’anima. E tra lui e Nietzsche, nel corso di numerose sedute, si instaurerà un dialogo serrato e coinvolgente durante il quale Breuer cercherà di arrivare alle radici del male oscuro del filosofo e di indurlo ad aprirgli il cuore.
La donna si chiama Lou Salomé ed è di inusuale bellezza: fronte poderosa, luminosi occhi azzurri, labbra piene e sensuali.
Nonostante la temperatura pungente del mattino, si è tolta il manto di pelliccia e, guardandolo direttamente negli occhi, con voce ferma gli ha detto di temere per la vita di un suo caro amico: Friedrich Nietzsche, il pensatore tedesco che, secondo Richard Wagner, ha «regalato al mondo un’opera senza pari». Poi, posando leggermente la mano guantata sulla sua, ha aggiunto che il filosofo è in preda a una profonda prostrazione. Uno stato che si manifesta con una moltitudine impressionante di sintomi: emicrania, parziale cecità, nausea, insonnia, febbri, anoressia, e che lo porta ad assumere pericolose dosi di morfina...
Così, attraverso la voce della musa della Vienna fin de siècle, Josef Breuer, stimato medico ebreo, futuro padre della psicanalisi, uomo dal comportamento ineccepibile e, tuttavia, oppresso anche dai legami e dalle convenzioni della vita borghese e matrimoniale e profondamente turbato dalla bella Bertha, sua paziente da due anni, apprende della disperazione estrema di colui che diverrà il suo più illustre paziente. Breuer, infatti, sottoporrà il filosofo alle sue cure, basate sulla convinzione che la guarigione del corpo passi attraverso quella dell’anima. E tra lui e Nietzsche, nel corso di numerose sedute, si instaurerà un dialogo serrato e coinvolgente durante il quale Breuer cercherà di arrivare alle radici del male oscuro del filosofo e di indurlo ad aprirgli il cuore.