Elvis come il re del rock and roll, Costello in omaggio alla nonna di origine italiana, mentre il look rimanda a quello di Buddy Holly, con le sue giacche anni Cinquanta, i capelli corti, gli occhialoni, e la Fender Jazzmaster a tracolla. Si capisce subito che Declan MacManus, «Macca» per gli amici, c’entra poco o nulla con i new wavers suoi contemporanei, se non per l’insolenza e il piglio rabbioso che caratterizzano le sue prime uscite pubbliche. Dietro gli occhiali neri con la montatura spessa si nascondeva un ragazzo inquieto, elettrico, grintoso. Un tipo con un’aria poco conciliante e l’indole sviluppata sulle strade meno comode della vita. Quella rabbia furente di fragilissimo, insicuro giovanotto che pretendeva che il mondo pagasse alla svelta dazio al suo talento, Costello l’ha saputa sublimare in questa rutilante autobiografia, nella quale racconta la sua carriera di artista fra i più dotati, coraggiosi e prodighi di sempre. Perché alla fine, per quanto «Macca» abbia seminato in quasi tutte le sconfinate praterie della musica di consumo (beat, punk, rock, reggae, soul, pop, ma persino sinfonica e da camera), la sua era e resta una dimensione in cui il rock è certo questione stilistica ma, soprattutto, una disposizione d’animo, una vera e propria concezione del mondo.
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