L'inaugurazione della pionieristica Napoli- Portici, la prima linea ferroviaria italiana; la costruzione a Caserta della "Versailles italiana " e a Napoli del teatro San Carlo, tempio della musica di Rossini; l'istituzione della prima cattedra universitaria di economia e commercio; le opere di pensatori illuministi come Antonio Genovesi e Gaetano Filangieri; la meraviglia delle nuove scoperte negli scavi di Ercolano e Pompei. Sono solo alcuni aspetti del fervore economico e culturale che anima il Sud mentre al potere s'alternano cinque generazioni di Borboni, re di Napoli e di Sicilia. Sovrani cancellati dalla memoria insieme a un regno che è stato grande e subito dimenticato: una "storia negata" dal Risorgimento, la cui storiografia ufficiale ha descritto il Mezzogiorno prima dell'unità come il regno dell'ignoranza, della paralisi economica, del parassitismo. Ma è stato davvero così? O non si tratta invece di un'immagine mistificata, costruita per celebrare la nascente epopea unitaria? Attraverso una ricostruzione puntuale e a tratti sorprendente, Gianni Oliva risponde a queste domande ripercorrendo un'esperienza politica che inizia nel 1734, quando Carlo di Borbone diviene re di Napoli e di Sicilia, e prosegue sino al 1861, quando l'ultimo re Francesco II, ormai sconfitto da Garibaldi, è costretto ad abbandonare Gaeta sotto le bombe piemontesi. Emerge così il profilo di una monarchia che, pur condizionata dai ritardi e dalle sopravvivenze feudali, è stata capace di esprimere apprezzabili tentativi di riforma e di ammodernamento. E di un Meridione per nulla ai margini dell'Europa, segnato dalle stesse fratture politiche e dalle stesse trasformazioni sociali che scuotono le altre nazioni fra Settecento e Ottocento: nel 1799 la Repubblica Partenopea di Vincenzo Cuoco e Luisa Sanfelice, nel 1820 i moti liberali guidati da Guglielmo Pepe, nel 1848 le barricate a Napoli e a Palermo, quando il ceto medio rivendica una maggiore partecipazione nella gestione del potere. Un racconto nel quale spiccano personaggi come Eleonora de Fonseca Pimentel, Luigi Settembrini, Carlo Pisacane, la cui eredità va rielaborata e inserita in una nuova prospettiva storica. Perché quella dei Borboni è un'epoca contraddittoria ma ricca, troppo frettolosamente archiviata come oscurantista; un'epoca che va restituita alla conoscenza nella sua integrità, guardando così al Mezzogiorno e al suo passato come risorsa e non come problema.
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